Intessere relazioni, fare sistema e condividere esperienze. Ecco perché «La città delle piante» è stata anche un’occasione per accogliere la voce di due ospiti che con la comunicazione e la sostenibilità hanno quotidianamente a che fare. Da vent’anni dentro ai temi di scienza e tecnologia, divulgatore e giornalista (ha realizzato numerosi reportages per prestigiosi magazine italiani e esteri come GEO, National Geographic, FOCUS, BBC Science, Sette de Il Corriere della sera, Venerdì de La Repubblica, Illustreret Videnskab, Science et vie, Science Avenir), Marco Merola ha portato il proprio contributo riconoscendo al vivaismo un ruolo centrale.

«Non solo dal punto di vista economico e di pertinenza col made in Italy, ma anche dal punto di vista ambientale – ha detto Merola -. Occorre che la politica metta a fuoco il vivaismo e che dia l’impulso per intervenire con innovazioni spinte a contrastare i problemi più diffusi, quelli legati all’acqua e agli stress termici. E poi passare da una cultura della sostenibilità a una cultura dell’impatto: ogni settore compreso vivaismo deve interrogarsi su quanto impatta e su cosa può e deve fare per impattare sempre meno. Il vivaismo deve essere raccontato come un’avventura scientifica, tra rischi, pericoli e opportunità. In un mercato che cambia, in un mondo che presenta problemi sempre più grandi, occorre rispondere con il senso dell’avventura e la capacità di adattarsi. ‘Adattamento’ appunto, parola chiave e ispirante. Ciò vale per tutti i settori imprenditoriali, compreso quello vivaistico. È il mercato stesso che lo richiede. E anche la comunicazione deve fare la sua parte».

Altra preziosa testimonianza è quella arrivata dalla creator Silvia Moroni, ideatrice di Parla Sostenibile, uno dei fenomeni social green più seguiti. «Non ci si improvvisa comunicatori digitali – ha detto parlando della propria esperienza Moroni –, occorre seguire e attuare strategie precise. Creare contenuti è da considerarsi appendice fondamentale di ogni realtà: serve definire un target nella consapevolezza di non poter parlare a tutti, entrare in contatto con la quotidianità del pubblico, far vedere l’azienda e cosa succede lì dentro. Solo così nel tempo si può creare fiducia. E questo passa anche dai social media».
«Un consiglio? Partire dalla misurazione dei dati. Chiedersi dove siamo arrivati dal punto di vista della sostenibilità sociale e ambientale, quanto consumiamo in energia o quanti rifiuti produciamo è fondamentale per pensare poi a delle strategie di sostenibilità. Così ci si pongono obiettivi, si disegna una roadmap scientifica. Bellissimo poi sarebbe riuscire a raccontare anche le ombre, cioè dove si vorrebbe fare di più. Una wishlist su chi vorremmo diventare crea fiducia nelle persone. Perché la sostenibilità è un lungo percorso».

