Punta all’essenziale e all’immediato, arrivando dritta all’occhio di chi guarda anche grazie alla forza comunicativa dei colori che usa. La riconosceresti tra mille la mano di Camilla Falsini, artista e illustratrice romana di consolidata esperienza e dall’eccezionale portfolio (qui qualche notizia: link al suo sito camillafalsini.it/wp), ed è proprio quella mano a firmare l’immagine del progetto Avi-Revet Revive Pot-Pop Revolution. Qualcosa che ha a che fare con l’economia circolare, l’ambiente, l’innovazione, la sostenibilità e quindi anche con verde e comunità: una storia di una potenza tale che solo una mente brillante poteva rappresentare in tutta la sua carica positiva e rivoluzionaria. A lei abbiamo posto qualche domanda sul suo lavoro e sul mondo che Avi rappresenta.
Camilla, come ti sei approcciata a Revive Pot e che messaggio hai voluto diffondere con il tuo lavoro?
«L’idea alla base del lavoro era quella di conciliare una comunicazione chiara ed efficace con una immagine forte e d’impatto, capace di attirare lo sguardo con colori forti e linee immediate. Quindi ho deciso di dividere lo spazio orizzontalmente in due aree diverse: in basso, su fondo bianco, spiccano due personaggi, che sembrano entrare dai due lati, rivolti verso il centro dell’immagine dove è collocato il vero oggetto della campagna, il vaso Revive Pot, che nasce appunto dalla collaborazione di vivaisti e cittadini, perché creato attraverso il riciclo e quindi la raccolta differenziata di oggetti in plastica e vasi. Da lì nasce una composizione molto colorata fatta piante e piccoli insetti e che vuole suggerire l’idea di vita fertile e soprattutto di rinascita, che è il concetto dietro al vaso riciclato».
Delle forme geometriche e del colore hai fatto la tua riconoscibilità: perché scegli questi elementi per esprimerti?
«Dietro quello che viene per semplicità chiamato “stile”, non c’è tanto una scelta consapevole quanto il risultato e la somma di tutte le influenze visive con cui si è venuti a contatto. Io sono cresciuta in una casa piena di poster di mostre viste dai miei genitori, Picasso, Kandinsky, Matisse, riviste grafiche e di illustrazione, i mille colori dei fumetti che Altan faceva per bambini, libri di Rodari illustrati con poche linee da quel maestro che fu Bruno Munari… Credo che tutto questo abbia influenzato inconsciamente il mio modo di esprimermi e la scelta dei colori».
“Pianta”: qual è la prima cosa che ti viene nel sentir pronunciare questa parola?
«Connessione, quella tra terra e cielo, tra acqua che viene dal basso e luce che viene dall’alto, e tra le piante stesse. Le piante sono un ponte».
Che rapporto hai con la natura?
«Sono stata una bambina che poteva passare ore a osservare i formicai… la natura in tutte le sue forme mi affascina, ma soprattutto è una fonte inesauribile di stupore e di scoperte, e soprattutto in continuo mutamento. Mi riferisco all’evoluzione, questo motore misterioso a cui dobbiamo la vita, che con i suoi tempi lenti ha visto specie animali e vegetali modificarsi per adattarsi all’ambiente, in un equilibrio perfetto, che purtroppo noi esseri umani stiamo pericolosamente alterando».